Più di trecento biglietti tra rari, meno rari e rarissimi inondarono la mia scrivania. Ma nonostante quella gradevole confusione, a prima vista, in una frazione di secondo, un biglietto mi allertò particolarmente: si trattava di un 50 lire del Banco di Napoli della tipologia cosidetta dei “cavallini”.
Data la mia lunga esperienza e la tendenza all’approfondimento, unita ad una mia propensione a non fidarmi mai delle apparenze, chiesi da chi avesse acquistato quel biglietto.
La risposta destò viva meraviglia, poiché l’acquisto era stato effettuato presso un noto commerciante blasonato ma che era, purtroppo, recentemente scomparso. In realtà la banconota non si presentava male: carta consistente, ottimi colori, tonalità originali, persino delle piccole macchioline di ruggine che attestavano l’indiscutibile vetustà del biglietto, che sicuramente aveva circolato.
Ma qualcosa non mi convinceva, infatti la filigrana era appena accennata a tratti, cioè sembrava un prototipo o un “proof”. Chiesi di poter esaminare con più attenzione il biglietto, alla presenza del cliente che intanto sorrideva, ostentando assoluta fiducia sulla bontà della sua banconota.
Il primo particolare che notai riguardava il timbro a secco posto in alto raffigurante lo stemma sabaudo: questo aveva la rigatura e la spaziatura irregolare.
L’articolo continua su “AIC Magazine” Anno II, N.4