(di Livia Faggioni) La forma o modulo[1] [Fig. 1] ha cambiato la vita dell’uomo sotto vari punti di vista, favorendo, attraverso il prodotto che ne è derivato, la carta, la comunicazione, la conservazione della memoria, nonché, prima dell’evento delle macchine, gli scambi commerciali, come unità di misura delle merci (la carta valori)
La forma è il mezzo con il quale si esegue la feltrazione delle fibre, l’arnese che i cartai hanno usato ininterrottamente per secoli e che usano ancora i cartai del terzo millennio. La “forma”, protagonista della storia della tecnologia cartaria, determina la scelta e la preparazione della materia prima (impasto), il formato e la qualità del prodotto finito
Tre i tipi di forma utilizzati in luoghi e in tempi diversi: galleggiante, flessibile, rigida. Quest’ultima è particolarmente collegata alla “carta occidentale” che inizia a diversificarsi da quella “orientale-araba” nella seconda metà del XIII secolo con le innovazioni introdotte dai cartai fabrianesi. [2] (per continuare la lettura clicca su i tre puntini qui sotto)
La carta, infatti, dalla Cina nel 105 d. C. si diffonde nel VII sec. prima in Corea e poi in Giappone ed infine in Asia Centrale a Samarcanda dove gli arabi appresero le tecniche di lavorazione e le introducono in Medio Oriente e nell’area Mediterranea, dalla Spagna all’Italia, a Fabriano, “città della carta” per antonomasia.[3] [Fig. 2]
Tutti gli storiografi concordano nello stabilire che quello fabrianese più che un primato temporale, è un primato
Fig.1 – Strumento per la fabbricazione della carta a mano, la forma, sin dal XIII sec.
eminentemente tecnico[4] che ha visto 1. l’adozione di una nuova tecnica di lavorazione degli stracci con l’introduzione delle “pile idrauliche a magli multipli”, 2. il trattamento di impermeabilizzazione del foglio di carta con colla di “gelatina animale” e 3. l’invenzione della “filigrana”. Queste tre innovazioni segnano un momento rivoluzionario nell’impiego della carta come mezzo documentario.
Fig.2 – Illustrazione mappa “viaggio della carta” di Julia Binfield
Prima dell’avvento della carta fabrianese, l’impiego di quella araba, arabo-catalana, arabo-italica, è limitato al solo campo dell’informazione. Infatti, appositi decreti di vari Stati obbligano negli atti pubblici l’impiego della costosa pergamena, fino ad allora unico materiale capace di garantire la stabilità del documento. La carta, poi, soppianta la pergamena in tutti i suoi usi, con notevole vantaggio economico. La carta fabrianese, “carta occidentale”, è il primo materiale scrittorio al mondo capace di soddisfare le esigenze dell’informazione e della documentazione.[5]
La forma che ha caratterizzato la produzione delle prime “carte occidentali” è quella “rigida”, che ha sostituito quella “galleggiante”[6] prima e “flessibile”[7] poi. Presumibilmente sono gli arabi a modificare la forma, sostituendo il piano di feltrazione di bambù dei cinesi con una tela stabilmente unita al telaio (quindi non mobile, ne flessibile), formata di assicelle di bronzo (verghe o vergelle) distanziate tra loro e intrecciate con filo di crine di cavallo (tecnica cinese), prima, e con filo di rame, poi.[8]
Fig. 3 – Forma scomposta: telaio in legno con colonnetti, tela metallica, cascio in legno
La forma[9] “rigida” è, pertanto, lo strumento indispensabile al lavorente per la produzione di un foglio di carta a mano. Tre sono i componenti fondamentali: telaio, tela e cascio. La tela metallica è fissata al telaio in legno ed è sormontata da una “cornice”, anch’essa in legno, detta cascio. Lato lungo, lato corto e profondità del telaio rettangolare sono variabili e ad esso sono applicati i colonnetti su cui sono realizzati dei fori, attraverso i quali passa un filo necessario a legare la tela al telaio.
Il cascio o casso, di forma rettangolare, delimita la superfice di lavoro, componente non fisso, ma appoggiato sul perimetro della tela per consentire il contenimento dell’impasto e delimitare le dimensioni del foglio.[10] [Fig. 3]
Il lavorente [Fig. 4], quindi, immerge la forma con tutte le sue componenti nel tino e estrae ogni volta la stessa quantità di impasto (acqua e fibre) che distribuisce, attraverso il processo di feltrazione, sulla superfice della forma.
Appena il foglio si è formato il lavorente passa la forma, priva del cascio, al ponitore, il quale adagia la forma su un feltro di lana, determinando il distacco del foglio dalla tela.
Fig. 4 – Produzione di carta a mano. Il lavorente e la forma
Un foglio ed un feltro di sopra l’altro si forma la posta che viene pressata sotto un torchio per eliminare l’acqua in eccesso ancora presente nel foglio, che poi distaccato dal feltro viene messo ad asciugare.
Due sono i tipi di forma: vergata o velina[11]. La prima è composta da verghe o vergelle, cioè fili metallici fissati sul telaio con chiodi di rame o ottone, distanziati alcuni millimetri tra loro ed intrecciati con altri fili metallici detti catenelle o filoni o trecciole, necessari a legare la tela al telaio. Sulla carta, vergelle e catenelle lasciano un’impronta ben visibile in trasparenza: da qui il nome, carta vergata. [Fig. 5]
Fig. 5 – Forma vergata: dettaglio tela vergata (vergelle e catenelle) e relativa carta vergata
La seconda è una tela metallica tessuta, sottile e flessibile. A differenza della tela vergata, sulla carta in controluce, non si osserva più l’impronta della vergatura, ma si nota una speratura, come se fosse un vetro smerigliato: carta velina.[12] [Fig. 6]
La forma è un arnese che, nella sua semplicità, ha generato “risme” di carta di ogni dimensione e grammatura per innumerevoli usi, da quello scrittorio a quello artistico, fino alle carte “di sicurezza” arricchite da quello che nel XIII secolo a Fabriano, era definito signum. Il segno, marchio di fabbrica del cartaio, visibile solo in controluce, è la peculiarità delle carte occidentali europee e la principale distinzione dalla carta orientale,[13] che nei secoli diventerà l’elemento principale contro la falsificazione, la “filigrana”.
Fig. 6 – Forma velina: dettaglio tela velina e relativa carta velina
che proprio il segno (poi detto filigrana) si sia formato in modo del tutto accidentale a causa dalla rottura di una “vergella” sul piano di lavorazione, creando un rilievo che ha provocato la diminuzione dello strato fibroso in quel punto durante la lavorazione del foglio, lasciando una impronta nel contesto fibroso, visibile poi sulla carta in controluce.[14] Così dai primi grossolani e semplici ma alquanto simbolici segni – ottenuti con filo metallico modellato a mano e cucito sulla tela della forma – si giunge ad immagini di significato compiuto con le quali si vuole ricordare o rappresentare un avvenimento, una ricorrenza o anche per riconoscere, in quella carta, un suo uso speciale.[15] [Figura. 7]
Questo salto di qualità riscontrabile nella metà del XVIII secolo e la particolare complessità ed affiancamento raggiunto dalla tecnica, rendono inappropriata ed inadeguata la definizione di “segno” o “marca” fino ad allora data alle immagini sulla carta. Nasce, quindi, una nuova denominazione.[16]
Nella prima metà del XIX secolo i “segni” sono chiamati “filigrane”, termine evidentemente suggerito dall’arte dell’oreficeria[17]: filigrane in chiaro riportata, in chiaro punzonata, in scuro punzonata, in chiaro-scuro punzonata, in scuro con chiaro riportato.[18] Filigrane e tecniche differenti, realizzate a filo metallico oppure impresse sulla tela grazie all’uso di un punzone di legno o metallo per trasferire l’immagine a “sbalzo” sulla tela, secondo la tecnica del bassorilievo: la filigrana in chiaro-scuro punzonata (o modellata), importante innovazione introdotta nel 1848
Fig. 7 – SPECIMEN WATERMARK e relativa carta
da l’inglese Henry Smith, che trova subito applicazione e dopo qualche anno di perfezionamenti ed adattamenti, fa la sua apparizione sui biglietti di banca, spesso combinata con quella in chiaro riportato, aumentandone notevolmente la sicurezza contro la falsificazione.[19] Maggiore era la complessità di realizzazione dello strumento (la forma), maggiore era la sicurezza della banconota e, quindi, minore il rischio di falsificazione.
Sembra siano stati i cinesi ad impiegare la carta come biglietto di banca fin dal X secolo,[20] mentre in Europa solo nella metà del XVII secolo, per poi diffondersi ampiamente con Napoleone Bonaparte. Ma non è ancora noto con certezza quando la carta sia stata utilizzata come unità di misura delle merci in sostituzione della moneta metallica.[21] Si deve all’inglese William Congreve la soluzione, nel 1819, del complicato problema della sicurezza delle banconote per renderne quasi impossibile la falsificazione[22] (carta “a doppio” o “triplo strato”).[23] Di qui il sorgere delle tecniche messe a punto, cinquant’anni dopo, da esperti inglesi, francesi e dagli italiani Fornari e Miliani di Fabriano. Sarà infatti Giovanni Battista Miliani, titolare alla fine del XIX secolo delle omonime cartiere a perfezionare le originarie tecniche del Congreve.[24]
In particolare, Giovanni Battista Miliani, figlio di Giuseppe, pronipote del fondatore delle Cartiere Miliani di Fabriano (1782), Pietro,[25] si impegnò nel perfezionamento e nello sviluppo qualitativo della lavorazione delle carte valori, della loro sicurezza contro le falsificazioni con riguardo alla carta per biglietti di banca[26]: affronta, infatti, il problema eseguendo una serie di prove riuscendo ad ottenere, alla fine, un biglietto che ad una buona resistenza meccanica unisce un altrettanto buon effetto di filigrana,[27] la carta “a doppio effetto”[28] (a “due strati”), per cui riceverà il 17 maggio 1893 l’attestato di privativa industriale da parte del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, anche se, forse per problemi di costi, non trova un’ampia applicazione nella pratica industriale dell’epoca.[29] [Fig. 8]
Fig. 8 – Carta filigrana “doppio effetto”, tecnica messa a punto da G. B. Miliani, per cui le Cartiere Pietro Miliani Fabriano hanno ricevuto l’attestato di privativa Industriale (17 maggio 1893)
Ma già con Pietro Miliani, sul finire del XVIII secolo, le Cartiere fabrianesi si distinguono per la produzione di carta per la cedola di 80 scudi del Sacro Monte di Pietà di Roma[30] emessa nel gennaio 1788 e stampata su carta filigranata prodotta dalle Cartiere Pietro Miliani. E’ interessante osservare il tipo di filigrana: nella zona centrale sono incorniciati assialmente quattro gruppi di tre monti con croce, il tutto disposto entro un’ampia raggera. Ai quattro angoli figurano i tre monti con croce con intrecciato il nome di Maria. Il fondo carta è vergato del tipo “spinato” (tecnica unica quanto rara, utilizzata, forse, per renderne difficile la falsificazione) mentre la filigrana è stata eseguita con filo metallico piegato e cucito a mano sulla forma da carta.[31] [Fig. 9]
Fig. 9 – Cedola da 80 scudi emessa nel gennaio del 1788, stampata su carta filigranata prodotta dalle Cartiere Pietro Miliani Fabriano (recto, verso e filigrana)
Subito dopo l’Unità d’Italia, con Giuseppe Miliani, prima, e con Giovanni Battista, poi, le Cartiere Miliani di Fabriano producono carte per banconote per lo Stato ed anche per diversi Stati dell’America Latina.[32] Diverse sono le “carte da avvalorare” prodotte a Fabriano: banconote, azioni, obbligazioni, buoni, assegni, vaglia, cambiali, ecc. [Fig. 10]
Un vanto per Giovanni Battista Miliani giustificato, che trova riscontro nelle 2.295 forme datate dalla fine del 1700 [Fig. 11], catalogate dalla Fondazione Fedrigoni Fabriano e quindi rigorosamente tutelate come beni culturali:[33] filigrane con ritratti di Papi, Principi, Principesse, ritratti di personaggi famosi della storia italiana ed internazionale (Beniamino Gigli, Ludwig van Beethoven, Dante Alighieri, ecc.), particolari di opere d’arte (“Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni” di Agnolo Bronzino, “L’Adorazione dei Magi” del Gentile da Fabriano, ecc.), marchi del Made in Italy (Pirelli, FIAT, Liquore Strega, Fernet Branca,
Fig. 10 – Cartolina promozionale delle Cartiere Miliani Fabriano
Stabilimento Ricordi, Borsalino, Brioschi, Tiffany & Co., Montblanc, ecc.); nonché titoli, obbligazioni, banconote e carte di sicurezza commissionate da Banche Nazionali ed Internazionali (Monte di Pietà di Roma, Monte dei Paschi di Siena, Banco di Roma, Banca Popolare di Milano, Banco di Napoli, ecc.).[34]
La raccolta per la varietà dei formati e per le raffinate tecniche di costruzione permette di seguire l’evoluzione della forma negli ultimi due secoli e conferma che la fabbricazione della carta a mano ha caratterizzato, fino al primo ventennio del Novecento, per quantità e qualità, la produzione degli stabilimenti della ditta Miliani, seguitando a battere la concorrenza, sebbene soltanto nel 1923 sia stata introdotta la macchina continua in piano.[35] [Fig. 12 – 13 – 14 – 15]
Fig. 11 – Le 2.295 forme conservate nel Deposito dei Beni Storici Cartari a Fabriano
La forma, quindi, è protagonista, seppur dietro le quinte, di una delle storie più importanti dell’umanità, “la storia della carta” e con essa ha contribuito a scrivere la storia della tecnologia cartaria e della filigrana, ma anche la storia delle Cartiere Miliani Fabriano, che a loro volta, attraverso la realizzazione di carte personalizzate per uso scrittorio o artistico, hanno concorso alla diffusione della storia nazionale ed internazionale, nonché di quella di importanti marchi del Made in Italy, Banche e delle “carte valori”.
Una storia scritta “nero su bianco” tra appunti, memorie e campioni custoditi nell’Archivio Storico delle Cartiere Miliani Fabriano, oltre 500 metri lineari tra beni archivistici e librari, primo “archivio d’impresa” in Italia dichiarato di “notevole interesse storico” con provvedimento vincolistico emesso il 20 luglio 1964, a cui si uniscono oltre 2.000 m2 di Beni Storici Cartari (BSC), un patrimonio di strumenti e macchinari (oltre 10.000 pezzi) per quantità unico al mondo, dichiarato “d’interesse culturale” dal Ministero per i Beni, l’Attività Culturali e il Turismo (MIBACT) il 30 maggio 2018.
Fig 12 – Forma “Lire Mille”: forma velina con filigrana in chiaro riportata “lire mille” e decorazioni in chiaro-scuro punzonate.
Un patrimonio di inestimabile valore, testimonianza della crescita e della forza economica della Cartiera fabrianese sui mercati nazionali ed internazionali.
Fig. 13 –Forma “Monte di Pietà di Roma”: forma velina con filigrana in scuro punzonata
Fig. 14 – Carta filigranata Titolo di Stato FIAT
NOTE
[1] LOEBER EG, stampo e stampatore di carta , Amsterdam 1982.
[2] CASTAGNARI G., La galassia “si forma” nell’universo della carta. Formatori e formatori nell’era del segno ai tempi delle Cartiere Miliani a CASTAGNARI G. (a cura di), LA FORMA. Formisti e produttori di carta nella storia della carta occidentale , Fabriano 2016, p. 225.
[3] Per approfondimenti contro HUNTER D., Produzione di carta: la storia e la tecnica dell’artigianato antico , New York 1978.
[4] MANNUCCI U., Linee guida per la storia della tecnologia della carta da Ts’Ai Lun a Pietro Miliani in CASTAGNARI G. (a cura di), Miscellaneous History of Paper. Origini, tecniche, imprenditori, fede religiosa , Fabriano 1991, p. 11.
[5] MANNUCCI U., op. cit. , pag. 11-12.
[6] La “forma galleggiante” (floating mould) prevedeva la formazione del foglio a “colata”, cioè la poltiglia di fibre vegetali veniva versata su una tela di stoffa, l’acqua così veniva drenata e sulla superfice della stoffa si formava il foglio. Cfr. LOEBER E. G., Paper mould and mouldmaker, Amsterdam 1982, p. 2
[7] La “forma flessibile” (flexible mould) è costituita di listelli di bambù arrotolati e tenuti vicini l’uno l’altro tramite un filo ottenuto con pelo di cammello, simile a una stuoia terminante in alto e in basso con due regoli di legno, che comporta la formazione del foglio di carta per “immersione” della forma nella sospensione fibrosa. Cfr. LOEBER E. G., Op. cit., Amsterdam 1982, pp. 2-3
[8] Cfr. MANNUCCI U., Filigrana nelle applicazioni di Fabian Papers in CASTAGNARI G. (a cura di), Papers and Papers nelle Marche e in Umbria dalle manifatture medievali all’industrializzazione , Fabriano 1993, p. 292.
[9] Per riferimenti dettagliati riguardanti le origini della “forma” occidentale cfr. ORNATO E., BUSONERO P., MUNAFÒ P. F., STORACE M. S., La carta occidentale nel tardo medioevo, Tomo I – II, Roma 2001; FUCINI A., L’evoluzione delle forme per la produzione della carta in epoca tardo medioevale attraverso l’analisi dei dati strumentali, in Paper as a Medium of Cultural Heritage. Archaeology and Conservation, 26th Congress IPH, Roma-Verona 2002, pp. 185 – 201; MUNAFÒ P.F., ORNATO E., STORACE M. S., Proposte terminologiche per lo studio della carta nel Medioevo, «Gazette du livre médiéval», 1995, n. 27, p. 1 – 12.
[10] Vedi FAGGIONI L., The module. Dal gesto alla tecnica in CASTAGNARI G. (a cura di), La forma. Formisti e produttori di carta nella storia della carta occidentale , Fabriano 2016, p, 333
[11] La tela di velluto è un’invenzione del tipografo inglese J. Baskerville (1757). See. MANNUCCI U., La filigrana in carte valore. XVIII e XX secolo in CASTAGNARI G. (a cura di), Produzione e uso di carte filigranate in Europa (XII-XX secolo) , Fabriano 1996, p. 410.
[12] CASTAGNARI G., op. cit. , p. 226.
[13] Ibid , p. 229.
[14] Cfr. MANNUCCI U., The Watermark in Fabian Card Applications , op. cit. , p. 291.
[15] Ibid ., Pag. 294.
[16] Ibid ., Pag. 294-295
[17] L’Arte dell’oreficeria consiste nella lavorazione dell’oro o altri metalli preziosi per ottenere oggetti artistici, creati intrecciando in vari modi ed unendo tra loro sottili fili di oro e di argento, sulla base di un particolare disegno. Cfr. Ibid., p. 295
[18] Per approfondimenti v. GASPARINETTI A. (a cura), Aspetti particolari della filigranologia, Milano 1964; EMERY O., La storia e tecnica della filigrana della carta, Fabriano 1978, pp.???
[19] MANNUCCI U., La filigrana in carte valore. XVIII e XX secolo , op. cit ., p. 412.
[20] Ibid ., P. 406.
[21] MANNUCCI U., La filigrana in carte valore. XVIII e XX secolo , op. cit ., p. 406.
[22] CASTAGNARI G. (a cura di), Produzione e uso di filigrane in Europa (XII-XX secolo) , Fabriano 1996, Introduzione , p. 9.
[23] Sopra un foglio bianco non filigranato viene posto un foglio filigranato ed intensamente colorato sul quale poi viene aggiunto un terzo foglio uguale al primo. La filigrana viene a trovarsi a “sandwich” ben visibile osservando il foglio in controluce. MANNUCCI U., La filigrana nelle carte valori. Secoli XVIII, Op. cit., p. 411.
[24] CASTAGNARI G. (a cura di), Produzione e uso delle carte filigranate in Europa (secoli XII-XX), Fabriano 1996, Op. cit., p. 9. I cartai fabrianesi sono i primi ad adottare la tecnica di fabbricazione delle banconote “a due strati” di Congreve per unire all’evidenza della filigrana, riprodotta nel foglio a fibra corta e quindi meno resistente, la resistenza portata dal foglio non filigranato e fabbricato con fibre lunghe. MANNUCCI U., La filigrana nelle applicazioni dei cartai fabrianesi, Op. cit., p. 300.
[25] Pietro Miliani ((1744 – 1817), Giuseppe Miliani (1816 – 1890), Giovanni Battista Miliani (1856 – 1937). Per approfondimenti v. ANGELELLI O., L’Industria della carta e la famiglia Miliani in Fabriano, Fabriano, 1930.
[26] Per approfondimenti v. MILIANI G. B., I biglietti di banca. Fabbricazione e stampa, Roma, 1903; MILIANI G. B., Fabbricazione e stampa dei biglietti di banca, Roma, 1899.
[27] MANNUCCI U., La filigrana in carte valore. XVIII e XX secolo , op. cit ., p. 414.
[28] E’ un tipo di carta molto indicata per combattere le contraffazioni delle carte valori. Essa è costituita da uno strato centrale di maggiore peso unitario (cira 60 gr/mq), dotato di filigrana di intenso effetto e fortemente colorato. Sulle facce esterne vengono applicati, durante la fabbricazione e allo stato umido, due fogli, uno per faccia, di bassa grammatura, circa 25 gr/mq, di colore bianco e di elevata opacità in modo da coprire il più possibile il colore intenso del foglio centrale. Queste carte, inoltre, contengono particolari prodotti chimici per cui danno luogo a reazioni cromatiche se trattate con scolorine o con solventi organici, usati dai falsari per alterare elementi del titolo. MANNUCCI U., La filigrana nelle applicazioni dei cartai fabrianesi, Op. cit ., p. 300.
[29] MANNUCCI U., La filigrana in carte valore. XVIII e XX secolo , op. cit ., p. 416.
[30] MARCON P., La carta moneta nello Stato Pontificio, Roma 1963, Tavv. 6-7-8.
[31] MANNUCCI U., La filigrana in carte valore. XVIII e XX secolo , op. cit ., p. 407.
[32] MANNUCCI U., The Watermark in Fabian Card Applications , op. cit ., p. 300.
[33] CASTAGNARI G., La galassia “si forma” nell’universo della carta. Formatori e formatori nell’era del segno ai tempi di Cartiere Miliani , op. cit ., p. 242.
[34] Cfr. FAGGIONI L., op. cit. , p. 381.
[35] CASTAGNARI G., La galassia “si forma” nell’universo della carta. Formatori e formatori nell’era del segno ai tempi di Cartiere Miliani , op. cit ., p. 242